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Venerdì 10 Marzo 2023

Trattato globale per la tutela dell'Alto Mare: raggiunto un accordo dopo anni di negoziati

Lo scorso 4 marzo, presso la sede ONU di New York, è stato raggiunto un accordo per proteggere l’oceano: si tratta di una data storica, perché è un risultato che arriva dopo 20 anni di negoziati (di cui 10 di stallo) tra le diverse nazioni. Il Trattato Globale per la tutela dell’Alto Mare si propone di inserire il 30% dei mari in aree protette, entro il 2030, per salvaguardare e recuperare la natura marina. L’ultimo accordo internazionale, la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare risale al 1982: istituì l’area chiamata “alto mare” in cui tutti i paesi avevano diritto di pescare, spedire e fare ricerca, ma solo l’1,2% di queste acque era sotto tutela. Un nuovo accordo è rimasto bloccato per anni, a causa di disaccordi sui finanziamenti e sui diritti della pesca.

Il cambiamento climatico ha accelerato il dibattito sulla vita marina al di fuori di queste aree protette, messa sempre più a rischio dalla pesca intensiva e dal traffico in mare: secondo una recente analisi della IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura) il 10% delle specie marine globali è a rischio estinzione.

Ora, il Trattato sulla Tutela dell’Alto Mare detta nuove regole in materia di tutela, imponendo alle nazioni dei limiti nello svolgimento delle proprie attività: dalla pesca alle rotte delle vie marittime, ma anche le iniziative di esplorazione mineraria in acque profonde.

Fondamentali, per chiudere l’accordo, le nazioni della High Ambition Coalition che comprende anche Stati Uniti e Cina: favorendo alleanze e soluzioni alle divisioni, hanno mostrato grande cooperazione e volontà di raggiungere un compromesso. Anche il contributo dei paesi del gruppo degli Stati Insulari (le Small Island States) si è rivelato importante: hanno guidato il processo e indirizzato i paesi del G77 (di cui fa parte gran parte degli altri stati) nel concordare un trattato dalle condizioni eque e giuste.

L’accordo chiede a tutti i paesi, inclusa l’Italia, il raggiungimento dell’obiettivo 30x30, ovvero, proteggere il 30% della terra e del mare entro il 2030: saranno necessarie una ratifica del trattato e delle politiche efficaci di tutela del mare dentro e fuori dalle acque territoriali.

“L’approvazione del Trattato per l’Alto Mare è un avvenimento storico. Le aree fuori dalla giurisdizione nazionale, che occupano circa il 50% della superficie del nostro pianeta, saranno ora tutelate e sarà così possibile rispettare quanto deciso a Montreal alla COP15 dalla Convenzione sulla Diversità Biologica, ovvero istituire aree protette per almeno il 30% della superficie del pianeta entro il 2030”, ha sottolineato Francesca Santoro, Senior Programme Officer per IOC-UNESCO e responsabile a livello mondiale dell’Ocean Literacy per il Decennio delle Scienze del Mare per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (2021-2030). “Ora c’è bisogno dell’impegno di tutti affinché questo trattato venga ratificato e implementato e per noi, come promotori del Decennio del Mare, diventa ancora più forte la spinta a sostenere la ricerca oceanografica in modo che siano i dati e risultati delle ricerche a essere la base di tutte le decisioni importanti che dovremo prendere nei prossimi anni, per passare dall’oceano che abbiamo all’oceano che vogliamo”.

L’impegno delle aziende per proteggere l’oceano

Il Trattato Globale sulla tutela dell’Alto Mare impone una riflessione più ampia che riguarda anche l’industria: anche le aziende dovranno impegnarsi a garantire dei processi produttivi in linea con le nuove regolamentazioni. Uno dei problemi principali delle industrie, ad esempio, è lo sversamento: tutte le sostanze che vengono eliminate attraverso i nostri fiumi, laghi e bacini idrografici, finiscono in mare ed è proprio evitando o contenendo queste attività che possono essere assicurati la protezione e il rispetto per l’oceano.

Airbank è impegnata da sempre anche in questo ramo della salvaguardia ambientale e ha messo a punto diverse soluzioni per arginare gli sversamenti. Tra le varie proposte, spiccano ad esempio le barriere specifiche per il contenimento degli sversamenti marittimi e dei kit di pronto intervento (composti da polveri, cuscini o altri tipi di dispositivi) per assorbire o limitare, in modo rapido ed efficace, eventuali dispersioni di sostanze tossiche nell’ambiente.

 

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